
Misure a sostegno della liquidità delle imprese – Modulo di autocertificazione
Misure a sostegno della liquidità delle imprese – Modulo di autocertificazione – Decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 (cosiddetto “Decreto Liquiditàˮ)
Modulo di autocertificazione
A corredo delle informazioni commentate nell’ultimo intervento del 16 aprile 2020 in merito ai provvedimenti governativi per favorire l’accesso al credito delle imprese, di cui al d.l. 8 aprile 2020, n. 23, si rivela opportuno proporre le considerazioni che seguono quale spunto per una adeguata valutazione a tutela del soggetto richiedente i finanziamenti di cui trattasi.
Segnatamente, appare meritorio e utile suggerire di non sottovalutare le conseguenze di un eventuale erronea – nel senso (anche) di non più rispondente a verità – compilazione dell’apposito Modulo di autocertificazione – ex articoli 46 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”) – predisposto dal MI.S.E. al fine di ottenere l’erogazione dei finanziamenti fino a euro 25.000,00, di cui all’art. 13, comma 1, lett. m) di detto d.l. n. 23/2020.
Effetti amministrativi della non veridicità del contenuto della dichiarazione
A tal riguardo giova, difatti e in primis ricordare che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 75 del citato d.P.R. n. 445/2000, “… qualora dal controllo di cui all’articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”.
Effetti penali della non veridicità del contenuto della dichiarazione
In aggiunta a ciò va, altresì, posto in evidenza che l’art. 76, comma 1, dello stesso d.P.R. n. 445/2000, prevede che le dichiarazioni rese in tal modo, se mendaci, sono punibili “… ai sensi del codice penale …”.
Più precisamente, la fattispecie delittuosa applicabile al caso di specie risulta essere quella prevista e punita dall’art. 483, comma 1, del Codice penale, secondo il quale “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni”.
Infatti, stando al consolidato orientamento della Corte di Cassazione, benché l’autocertificazione non sia – in senso stretto – rilasciata in atto pubblico, specifiche norme di legge possono attribuire a tale tipologia di atti la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale.
Il che significa che in casi del genere – tra i quali, appunto, il Modulo di autocertificazione di cui trattasi – la relativa e conseguente efficacia probatoria è connessa all’obbligo, a carico di colui che rilascia la dichiarazione, di sostenere il vero, potendosi, in caso contrario, configurare la medesima condotta delittuosa commessa da chi rilascia false dichiarazioni in un atto pubblico.